Si potrà andare ancora in pensione a 67 anni?

10/08/2023
L’indagine del Consiglio Nazionale dei Giovani e di Eures dipinge un futuro fosco per i giovani, tra carriere discontinue e bassi salari. Chi oggi ha meno di 35 anni, secondo questa indagine, dopo una vita passata tra lavoro discontinuo e salari bassi, potrà andare in pensione solo oltre i 70 anni e con importi di poco superiori all’assegno sociale. Se dalle stime Ocse si arriva a un’età pensionabile di 71 anni per i giovani entrati nel mondo del lavoro a 22 anni nel 2020, dato che è già il più alto tra i Paesi europei, le stime del Cng sono anche peggiori. E persino lavorando fino a quasi 74 anni, le pensioni medie che si prospettano arriverebbero a circa 1099 euro al netto dell’Irpef per i lavoratori dipendenti.
 
Oltre al sistema contributivo puro, ciò che determina pensioni così basse è la condizione lavorativa dei giovani. "Nel 2021, i lavoratori under 25 hanno ricevuto in media 8.824 euro, – afferma la presidente del Cng Maria Cristina Pisani – il 40% della retribuzione media complessiva, mentre i lavoratori tra i 25 e i 34 anni hanno ricevuto in media 17.076 euro, il 78% della retribuzione media. Per di più, uno scarto retributivo consistente si manifesta tra le donne e gli uomini giovani lavoratori, con un divario che si amplia nel tempo".
 
Ciò che aggrava la situazione è che parliamo di medie. Nello stesso anno considerato, il 2021, più di un under 35 su quattro ha percepito una retribuzione annua inferiore a 5.000 euro. E arriva al 16,3% la quota di under 35 con una retribuzione compresa tra 5.000 e 9.999 euro, contro il 12,3% osservato tra il totale dei lavoratori.


Sempre secondo questa indagine, nel corso degli ultimi cinque anni è aumentata sia la percentuale dei giovani con le retribuzioni più basse, cioè inferiori a 5 mila euro (dal 24,3% del 2016 al 26,9% del 2021), che quella dei giovani con retribuzioni superiori a 30 mila euro (dal 7,6% al 9,3% del totale). I giovani con contratto a tempo indeterminato sono passati in 10 anni, tra il 2011 e il 2021, dal 70,3% al 60,1%, quelli con contratto atipico o a tempo determinato sfiorano adesso il 40%.

Questi dati spiegano il motivo per cui sarà necessario lavorare molto più a lungo. Senza che, nel frattempo, l’aspettativa di vita aumenti in modo corrispondente. E quindi, mentre l’80% dei nati nel 1945 ha ottenuto la pensione prima del compimento dei 65 anni di età, beneficiando dei meccanismi premiali del pensionamento anticipato, solo il 39% dei nati nel 1980 riuscirà a ricevere la pensione prima dei 70 anni (e in questo caso si tratterà comunque di pensionamento anticipato).

In media chi è nato nel 1980 andrà in pensione 5 anni dopo rispetto ai soggetti della generazione precedente, mentre la speranza di vita a 65 anni crescerà solo della metà, due anni e mezzo. 

L’indagine calcola anche il valore delle pensioni atteso nei prossimi decenni per i lavoratori dipendenti che oggi hanno meno di 35 anni: per chi riuscirà a lavorare fino al 2057, andando in pensione a quasi 74 anni, l’importo dell’assegno pensionistico ammonterebbe a 1.577 euro lordi mensili (1.099 al netto dell’Irpef), valore che equivale a 3,1 volte l’importo dell’assegno sociale.

Andrà un po’ meglio ai lavoratori con partita Iva (sempre con permanenza fino al 2057 e un ritiro a 73,6 anni): l’assegno pensionistico mensile sarà di 1.650 euro lordi (1.128 al netto dell’Irpef), valore che equivale a 3,3 volte l’importo dell’assegno sociale.

Nel frattempo la spesa previdenziale toccherà il massimo nel 2035, pari al 17,4% del Pil, fino a poi decrescere al 13,3% del Pil nel 2070. 

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