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I birocci (veicoli a 2 ruote per trasportare oggetti) fino a qualche decennio fa erano i principali mezzi di trasporto nelle nostre campagne.
Trainati da buoi e da vacche, erano adoperati per i
trasporti "eccezionali" o per
ostentare la propria posizione e potenza
economica. Si trattava di carri enormi, con ruote molto alte e
collocate su un asse portante in legno o in acciaio.
La costruzione era abbastanza semplice nel suo complesso: sull'asse
delle ruote veniva fissato il timone e il piano di carico. Il
timone doveva essere lungo tanto da permettere l'attacco di un paio
di bestie e realizzato con un buon legno, forte e resistente.
La parte più difficile da realizzare in tutta la struttura erano le
ruote, formate da un mozzo e da alcuni raggi (radiali) che univano
il mozzo stesso alla circonferenza esterna.
Nella parte posteriore del carro venivano montati degli argani che,
all'occorrenza, servivano per il tiraggio delle funi con cui si
assicurava il carico.
Era un carro adoperato per i trasporti voluminosi, ma non pesanti,
come il fieno e le fascine.
Ancora più semplice, nel suo complesso costruttivo, era la
treggia, adoperata soprattutto nelle zone montane,
dove i siti erano più impervi e dove il carro poteva rovesciarsi.
La treggia non era munita di ruote, e tutta la struttura appoggiava
su due tronchetti di legno forgiati a mo' di sci, detti cosce o
slitte. Ve n'erano di diversa forma e dimensioni e servivano per
gli usi più disparati: dal trasporto del letame, a
quello del fieno.
Oggi i birocci si vedono quasi esclusivamente in esposizioni e
mostre di cultura contadina e sempre più raramente, in qualche aia
di casa colonica, abbandonati sotto una capanna o un fienile.
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