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Nel corso dei secoli, l'uomo ha fabbricato oggetti in terracotta di ogni genere, alcuni con funzione puramente ornamentale, altri di carattere sacro, altri ancora destinati all'uso quotidiano, come piatti, ciotole e vasi.
Fino a qualche decennio fa le stoviglie e le pentole
generalmente erano di terracotta. Soprattutto le
famiglie contadine usavano tegami, zuppiere e piatti di
coccio, smaltati. Si trattava di oggetti comunemente privi
di decorazioni, che costavano poco e non richiedevano tempi lunghi
di esecuzione. In seguito alcuni di questi oggetti non vennero più
realizzati in coccio, ma in metallo o in plastica.
La ceramica e la maiolica
prodotte con sistema industriale, sostituirono, con il passare del
tempo, il coccio. L'artigiano che fabbricava i cocci veniva, per
l'appunto, chiamato cocciaio, ma anche pentolaio, stovigliaio e
orciolaio.
Per i suoi lavori usava abitualmente creta ordinaria, sabbiosa che
normalmente non lavava per risparmiare tempo. Da quest'impasto
eliminava solo le pietruzze che avrebbero
pregiudicato il lavoro finale. Una volta pronta la materia
prima,dopo che era stata impastata con acqua, il cocciaio collocava
la massa argillosa sul desco del tornio e stando seduto, con un
piede azionava la rudimentale macchina imprimendogli un movimento
rotatorio. Per plasmare gli oggetti più grandi, al posto del tornio
si adoperava la ruota, il cui movimento era sempre
prodotto dalla forza dell'uomo.
Infine, tutti gli oggetti venivano posizionati nel
forno. Generalmente i cocci venivano venduti dagli
stessi artigiani, sia nei mercati, sia presso le case dei
contadini.
Il cocciaio quando arrivava in un paese, cercava
di catturare l'attenzione della gente con urla, slogan d'effetto e
qualche spettacolo improvvisato, per poi tirare fuori la sua
mercanzia.
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