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L'arriffatore era colui che offriva, a chi acquistava un numero, ogni ben di Dio che mostrava in una capiente cesta.
Girava con 90 numeri e
quando li aveva venduti tutti, ne estraeva uno dal "panariello".
Una sorta di gioco del lotto, quindi.
Il possessore del numero sorteggiato, si accaparrava quanto offerto
nella riffa. Il premio
poteva variare dal cibo all'abbigliamento, dall'uovo di cioccolato,
ai prodotti per il cenone natalizio, fino ad arrivare all'olio di
oliva o al vino.
Si proponeva, in particolare, quando i prodotti messi in palio
avevano prezzi che non potevano essere comprati sul mercato, se non
in piccole quantità
Si trattava di un personaggio molto popolare, soprattutto al sud
Italia ed a Napoli.
Il mestiere dell'arriffatore era un retaggio della dominazione
borbonica a Napoli. "Riiffa" in spagnolo significa, infatti,
sorteggio.
Girava per i quartieri e appena i 90 numeri venivano esauriti, a
mezzogiorno si metteva al centro di una piazza e, richiamando
l'attenzione di tutti, con voce squillante, tirava fuori i
numeri.
A Napoli l'arriffatore, la maggior parte delle volte, era un
femminiello (travestito).
Non era raro che l'arriffatore poteva far parte del gentil sesso. Nel dopoguerra, infatti, c'erano donne che in tal modo procuravano alla famiglia un guadagno consistente che permetteva di vivere degnamente per la maggior parte dell'anno.
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