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Uno dei mestieri che ormai risulta pressochè scomparso, è quello della filatrice.
In diversi centri d'Italia, in particolare negli anni '50 del 1900,
la canapa rappresentava una delle principali
colture. Quasi tutte le donne la filavano in casa e alcune lo
facevano per mestiere. La filatrice trasformava la massa informe di
batuffoli di canapa in un filo che veniva poi successivamente
tessuto per ricavarne lenzuola, coperte e
sottane.
Per eseguire questo lavoro era necessaria un'ottima preparazione,
tramandata da madre in figlia.
La donna che filava, stringeva sotto l'ascella sinistra una canna
che faceva da fermo con una mano, mentre con il pollice e l'indice
dell'altra mano tirava un filo da batuffolo che, a sua volta,
raccoglieva nell'arcolaio o macinula. Con la saliva si bagnava i
polpastrelli ed iniziava ad allungare il filo gradatamente, lo
fermava alla punta del fuso di legno e, posto sulla gamba, gli
imprimeva un rapido moto circolare. Il filo , rafforzato
dall'azione torcente che garantiva la massima consistenza, veniva
fissato al fuso e il prelievo del batuffolo dalla massa
continuava.
I rocchetti si inserivano tra cordicelle legate a due sedie disposte ad una certa distanza. Infine si prendevano in mano contemporaneamente i fili di ogni rocchetto e si avvolgevano intorno a dei chiodi molto lunghi infissi nella parete, in senso verticale ed orizzontale
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