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Ha festeggiato quest'anno i 40 anni di attività e lo ha fatto mostrando una versione "nuova e fresca" di sé.
Stiamo parlando del GCT (Gran Caffè Trezza), di Teggiano. Nato nel 1980 e cresciuto come bar-tabacchi, alle soglie degli "anta" si è "reinventato" grazie al salto generazionale padre/figlio. Ed è diventato un posto in cui l'aggregazione e la musica vanno a braccetto con iniziative artistiche e laboratori e dove ritmi incalzanti e coinvolgenti convivono con atmosfere "lente" e suggestive e dove il giorno e la notte vivono con la stessa intensità. Un investimento pensato e prodotto da Cono Trezza, giovane gestore del locale, il quale ha cambiato tutto senza, in realtà, modificare nulla. Lo abbiamo incontrato per capire come tutto è nato, come si sta sviluppando e cosa c'è da aspettarsi per il futuro.
- Com'è nato tutto?
Ho studiato a Bologna Scienze politiche e delle relazioni internazionali, ma dentro me sapevo che si trattava solo di un'esperienza, di una parentesi. L'ho vissuta come studio, ma anche come vacanza, perché sapevo che sarei tornato a Teggiano per continuare l'attività dei miei genitori. In fondo sono quasi nato dietro ad un bancone. Ed è così che 5 anni fa ho iniziato a modificare il mondo di mio padre.
- Che genere di modifiche?
Ho iniziato ad invadere il suo mondo, modificandolo gradualmente. Non ho fatto nient'altro che aggiungere alla classica attività di un bar-tabacchi, la mia passione per la musica. Non è stato semplice, soprattutto all'inizio. Poi lui ha visto il mio impegno e dalla guerra siamo passati alla collaborazione. Ho unito le mie idee alla sua praticità ed esperienza. Abbiamo trovato il giusto compromesso e oggi siamo soci affiatati e amici. Una delle più grandi soddisfazioni è di aver stravolto, senza in realtà stravolgere nulla, lasciando tutto intatto dal punto di vista strutturale. Ho fatto il possibile per mettere i clienti storici a proprio agio, facendo convivere il "prima" con il "dopo".
- E com'è andata a livello di primi riscontri?
Quando ho iniziato, sapevo che sarebbe stato un discorso lungo, a livello concettuale e per tutto ciò che riguardava l'aspetto musicale. La scelta di musica live a 360° richiede sempre un pò di tempo, per cui il riscontro non è stato immediato. Sono stato il primo nel Vallo di Diano a fare e proporre musica la domenica pomeriggio. Prima di rivisitare il GCT, ho vissuto l'esperienza della gestione di un altro locale. In quel caso il processo è stato difficile, ma più veloce. Si è creato ciò che mi aspettavo ed è stato più semplice lì che qui, perché nel caso del GCT si tratta di una realtà con più storia e su cui i cambiamenti sono più complicati da attuare ed assimilare. Oggi vedo arrivare gente da tutto il Vallo di Diano, da Salerno, da Napoli, ecc.
- Quali sono le peculiarità del tuo locale e del modo di intendere l'attività?
Cerco di essere sempre il più possibile attivo con la mente. Per organizzare gli eventi faccio tutto io. Ho iniziato chiamando direttamente i gruppi che mi piacevano e che conoscevo. Si è attivato poi un circuito attraverso il quale molti mi contattano e così trascorro le nottate ad ascoltare le proposte musicali che mi arrivano. Le ascolto e contatto coloro che mi convincono. Nel tempo abbiamo ospitato artisti più o meno importanti. Il giardino è stato realizzato 3 anni fa e rappresenta l'area relax. Quest'anno, poi, a causa dell'emerganza Covid, non ho potuto dare concretezza ad un altro progetto, quello del GCT Park. Consisteva nell'adibire il terreno dietro al giardino ad uno spazio all'aperto in cui ospitare concerti un pò più importanti. Ma si tratta di un progetto soltanto rimandato. Avevo, inoltre, organizzato una mostra di chitarre, poi annullata causa Covid, che avrebbe portato a Teggiano e nel mio locale persone da tutta Italia. Diciamo che nel territorio i locali sono anche troppi e io ho puntato su qualcosa di definito, sperando fosse la mossa giusta.
- Si sentiva l'esigenza di un locale così?
Si, credo si sentisse. In passato frequentavo un locale del Vallo in cui era possibile ascoltare musica live. Una volta che quel locale ha chiuso, ho iniziato io. Ho puntato sulla qualità e questa è una scelta che alla lunga paga. Oggi è sempre più difficile per i musicisti trovare posti giusti per esprimersi. E' vero che nel nostro territorio il bacino di utenza è limitato, ma se non si improvvisa, si sa fare il proprio mestiere e si ha un pò di inventiva, alla lunga i risultati si ottengono. Bisogna essere convinti, innovativi e capire dove si vive. Il percorso è stato lento e graduale, ma ora sto avendo soddisfazioni importanti.
- Chi sono i tuoi clienti?
I miei clienti hanno la passione per la musica e sanno che, al di là della proposta di genere, chi sale sul palco ha sempre qualcosa da dire. Per cui loro focalizzano l'attenzione sull'artista e si crea questo filo che unisce artista e pubblico. Si tratta di un filo che non si crea ovunque. Solitamente la musica è intrattenimento, mentre nel GCT è protagonista, perché è l'artista a sentirsi protagonista. Chi ama la musica il sabato sera viene quì.
- Quali le gratificazioni maggiori?
Chi viene quì si sente libero e dice di sentirsi a casa. Ci sono diversi spazi, quindi si può ascoltare la musica, fare un partita a biliardino o freccette, stare fuori nel giardino. Si sta nella stessa area, ma non si ha l'obbligo di stare in un solo luogo. Gli artisti, poi, sono contenti, tra le altre cose, del fatto di avere un palco ed un impianto di un certo livello. Li seguo per quanto riguarda le luci e gli aspetti tecnici, li ospito a casa mia, mangiamo insieme e si crea quel feeling pre-concerto. Possono suonare al volume giusto e sono felici anche di venire nell'entroterra, dove esiste una realtà che punta sulla musica di qualità.
- Che estate è stata per te e per il GCT quella del 2020?
Un'estate molto particolare, caratterizzata da preoccupazione e timore. Noi gestori dei locali dobbiamo far rispettare le leggi e si lavora con molta ansia. Negli scorsi anni soltanto ad agosto si vedeva più gente in giro nel Vallo. Quest'anno, invece, il comprensorio era già popolato in primavera, per cui riaprendo, abbiamo avuto un riscontro positivo. Senza feste di paese, né eventi e manifestazioni, abbiamo lavorato da subito, forse anche più di prima. Ha prevalso la voglia di vivere sulla paura di uscire.
- E' vero, come dice qualcuno, che c'è troppa facilità nel somministrare alcolici a chiunque?
E' una questione di coscienza. Se mi rendo conto che qualcuno sta esagerando, cerco di farglielo capire, con il giusto tatto, anche verificando come poi dovrebbe far ritorno a casa. Qualche anno fa avevo pensato alle navette, dando la possibilità di raggiungere il mio locale senza prendere l'auto. Un'idea che si è rivelata fallimentare, perché qui c'è l'abitudine di prendere la macchina per ogni minimo spostamento e non si vuole essere vincolati a nulla.
- E per quanto riguarda il personale? Ci sono difficoltà?
Quello del personale è il mio principale problema. Forse le persone vedono questo lavoro di serie B o come momento di transizione. E' sempre problematico rimpiazzare chi va via, in particolare i baristi. Non è importante sia uomo o donna, conta la professionalità,l'esperienza e la voglia di imparare. Stare dietro un bancone non è lavoro che può fare chiunque. Non si tratta solo di servire, ma di relazionarsi e curare anche l'aspetto mentale. Cerco sempre una collaborazione attiva. Se si dimostra di fare passi in più, si viene ricompensati. Chi si sente suo questo lavoro, può vederlo come opportunità.
- Il futuro cosa porterà?
Ci sarà una sorta di ritorno al passato. Sapevo che sarebbe successo. Le idee sono fresche e innovative, ma non anticipo nulla per ora. Dico solo che ciò che già vissuto, vivrà tempi migliori.
Interviste precedenti: Pietro D'Elia - Maurizio Trezza - Fratelli Gallo - Automa Pantografi
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